Ondate di calore notturne. Con minime fino a 25°C rischio +10% di mortalità per malattie respiratorie

Quando pensiamo all’impatto che il caldo ha, in particolare sulla salute respiratoria, tendiamo naturalmente a preoccuparci delle ore più roventi della giornata, con il sole a picco sulle nostre teste e la colonnina di mercurio che, come in questi giorni, schizza su valori impressionanti. In realtà, uno degli aspetti delle ondate di caldo che influisce in modo molto grave sulle patologie respiratorie, è quello legato alle elevate temperature notturne, che spesso vengono sottovalutate, nonostante provochino il peggioramento dei sintomi respiratori durante la notte.

A mettere in guardia sull’aumento dei rischi per la salute polmonare, quando il caldo resta intenso anche nelle ore notturne, è Giovanna Elisiana Carpagnano, Professore ordinario e direttore della Pneumologia del Policlinico di Bari, in occasione del meeting internazionale sulle malattie respiratorie, co-organizzato dalla Fondazione Menarini, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e l’Università di Foggia, che ha visto la partecipazione di pneumologi e specialisti da tutto il mondo.

“Sappiamo che le ricadute delle ondate di calore risultano particolarmente pericolose per l’apparato respiratorio, in quanto primo organo bersaglio dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale. Ciò che è meno noto è, invece, che le temperature minime notturne stanno crescendo ancora più rapidamente delle massime diurne e che le notti “tropicali”, con minime fino ai 25°C, hanno un grave impatto sulla salute respiratoria, pari a quello delle ondate di calore diurne”, sottolinea Carpagnano.

A causa della crisi climatica infatti, il nostro Paese, in base ai dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, si colloca al terzo posto in Europa per numero di notti tropicali annuali, dietro solo a Grecia e Cipro. Già nel trentennio 1981–2010 l’Italia aveva raggiunto una media di 41,6 notti l’anno sopra ai 20°C. Un dato, questo, che è andato aumentando negli anni, soprattutto nelle città, dove l’effetto “isola di calore” amplifica il problema. “Nelle ultime estati si è arrivati infatti anche a 48 notti “roventi”, pari al 52% della stagione, di cui 13 notti con temperature superiori ai 23°C, con un bilancio sulla salute e di vittime che spesso si rivela sconcertante”, puntualizza Carpagnano.

A rivelarlo, uno studio pubblicato su Environmental Health Perspectives, che ha preso in considerazione i dati sulle temperature minime e massime giornaliere registrate in Giappone, con latitudini simili a quelle del nostro Paese, in un periodo di oltre 40 anni, dal 1973 al 2015. Secondo la ricerca, le ondate di calore notturne, con minime fino ai 25°C, farebbero infatti salire del 10% il tasso di mortalità per malattie respiratorie, indipendentemente dalla temperatura diurna. “Ciò è dovuto al fatto che la notte è, di per sé, un elemento critico, perché durante il riposo, il calibro dei bronchi, anche negli individui sani, si riduce fino all’8%. Questo restringimento delle vie aeree, legato al ritmo circadiano, è aggravato in chi soffre di asma dal caldo estremo notturno che, provocando un aumento della temperatura all’interno del torace, attiva le fibre nervose dei muscoli respiratori, che non rilassandosi non permettono il normale svuotamento polmonare, rendendo difficile la respirazione, con crisi asmatiche gravissime che possono risultare anche fatali”, spiega l’esperta.

“È quindi importante incoraggiare i soggetti più vulnerabili a prendere precauzioni come l’uso di ventilatori o deumidificatori durante la notte, specialmente quando si tratta di anziani e bambini asmatici. Questi pazienti devono cercare di creare, all’interno della propria casa, specialmente nella camera da letto, un ambiente fresco per ridurre l’impatto delle ondate di calore notturne e minimizzare possibili disagi e danni per la salute”, conclude Carpagnano.

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